Interessanti differenze tra uomini e donne in sonno e vigilanza

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 17 settembre 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Un rilievo specifico ed accurato di parametri significativi, anche se in un campione limitato di donne e uomini, ha evidenziato differenze significative che potrebbero spiegare alcune particolarità fisiologiche e patologiche legate agli stati di sonno e vigilanza.

Diane B. Boivin e colleghi hanno quantificato le differenze nelle variazioni diurne e circadiane di sonno e veglia con un accurato controllo in relazione alla fase del ciclo mestruale ed all’uso di farmaci contraccettivi ormonali. Paragonati a quelli degli uomini, i ritmi della temperatura del corpo, del sonno, dello stato soggettivo di vigilanza sono risultati anticipati nelle donne, sia durante la fase medio-follicolare sia durante la fase medio-luteinica. Lo studio ha anche rilevato nelle donne più bassi livelli di vigilanza degli uomini durante la notte.

(Boivin D. B., et al. Diurnal and circadian variation of sleep and alertness in men vs. naturally cycling women. Proceedings of the National Academy of Sciences USA – Epub ahead of print doi: 10.1073/pnas.1524484113, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Center for Study and Treatment of Circadian Rhythms, Clinical Research Division, Douglas Mental Health University Institute, Department of Psychiatry, McGill University, Montreal, Quebec (Canada); Department of Medicine, Columbia University, New York (USA); Department of Psychology and Neuroscience, Dalhousie University, Halifax, NS (Canada).

Il ciclo quotidiano di veglia e sonno è uno degli aspetti fondamentali della biologia umana, che da un canto ci riporta alla provata imprescindibilità del periodico avvicendarsi del funzionamento dell’organismo in questi due stadi originariamente corrispondenti al succedersi del giorno e della notte, e dall’altro ci ricorda che nessuna delle teorie scientifiche che spiegano le funzioni del sonno ha trovato consenso universale.

Il sonno umano può considerarsi come un fenotipo complesso regolato dall’interazione fra fattori ambientali e numerosi geni[1]. Un contributo significativo alla comprensione delle basi genetiche del sonno è venuto da studi su gemelli che hanno fornito chiare evidenze di un importante ruolo svolto dalla genetica nello sviluppo dell’insonnia[2]. Un noto ed impressionante esempio dell’importanza dei geni è costituito dall’insonnia familiare fatale, causata da una mutazione puntiforme nel gene della proteina prionica[3].

Il fenotipo opposto si riscontra nella narcolessia, un disturbo dovuto all’anomala attivazione dei meccanismi del sonno che interessa lo 0.04% della popolazione generale negli USA e si presenta con 5 sintomi caratteristici: a) sonnolenza con attacchi di sonno diurni; b) cataplessia, cioè improvvisa perdita bilaterale del tono muscolare; c) allucinazioni ipnagogiche (all’inizio del sonno) e ipnopompiche (alla fine del sonno); d) paralisi da sonno; e) disturbi del sonno notturno. Studiando il sistema delle oressine (hypocretin) nel comportamento alimentare, Masashi Yanagisawa e collaboratori scoprirono che il knockout dei geni delle hypocretin 1 e 2 produceva nel topo il fenotipo della narcolessia. Nei pazienti affetti da narcolessia queste proteine sono ridotte, ma i geni non risultano mutati; lo studio immunocitochimico autoptico di questi pazienti ha rivelato una straordinaria perdita di neuroni secernenti oressine.

Lo studio delle differenze legate al sesso di questi ed altri disturbi del sonno nella nostra specie impegna vari gruppi di ricerca, ma finora non ha prodotto risultati univoci e definitivi. Molte delle differenze di genere nella suscettibilità e nell’espressione dei disturbi del sonno sono note e caratterizzate da tempo, tuttavia la loro causa non è ancora stata riconosciuta con certezza.

Anche la ricerca sul dimorfismo sessuale del cervello non ha ancora rivelato precisi collegamenti con differenze nella fisiologia. In particolare, le principali e numerose differenze fra nuclei e formazioni del sistema nervoso centrale dei roditori hanno trovato riscontro nella nostra specie solo in strutture omologhe che mediano attività sessuali e riproduttive. Più recentemente, progressi nella risonanza magnetica (MRI) ad alta risoluzione e nella tecnologia genetica hanno consentito di scoprire l’esistenza di dimorfismi strutturali e genetici minimi nel cervello umano. Ad esempio, nelle donne sono maggiormente sviluppati il giro precentrale, il giro frontale superiore e la lingula, mentre negli uomini sono di maggiori dimensioni la corteccia frontale mediale, il giro angolare e l’amigdala. Ma non è stato ancora chiarito come nascono queste differenze e quali rapporti possono realmente avere con le funzioni cerebrali e psichiche.

Lo studio qui recensito è stato condotto su un campione costituito da 11 donne e 15 uomini. Sono state analizzate le variazioni quotidiane e le variazioni in rapporto alle oscillazioni dei ritmi circadiani (da circa dies = circa un giorno) del sonno e della vigilanza di 8 donne, studiate in due precise fasi del ciclo mestruale, e di 3 donne studiate durante il periodo medio-follicolare. Tali variazioni quotidiane e circadiane sono state confrontate con le omologhe rilevate in 15 uomini. La metodologia impiegata ha previsto una procedura USW (da ultradian sleep-wake cycle), consistente in 36 cicli di 60 minuti di episodi di veglia alternati a 60 minuti di possibilità di dormire[4]. Durante tutta la procedura sono stati rilevati la CBT (core body temperature), la melatonina salivare, la sensazione soggettiva dello stato di vigilanza e l’andamento fisiologico del sonno mediante la polisonnografia.

Tutte le misure rilevate hanno mostrato all’analisi una significativa variazione diurna e circadiana in tutta la procedura USW.

Rispetto agli uomini, le donne presentavano un evidente anticipo di fase della CBT, ma non dei ritmi della melatonina, così come un anticipo nella variazione diurna e circadiana delle misure relative al sonno e allo stato soggettivo di vigilanza.

Inoltre, le donne esperivano un’accresciuta ampiezza delle variazioni della vigilanza diurne e circadiane, principalmente a causa di una maggiore caduta del nadir notturno.

L’insieme dei dati rilevati, per il cui dettaglio si raccomanda la lettura del testo integrale del lavoro originale, indica che nelle donne probabilmente il sonno ha inizio in una fase circadiana più tarda che negli uomini. Tale particolarità fisiologica potrebbe costituire uno dei fattori della maggiore frequenza di comparsa nelle donne di disturbi del sonno.

Il più basso stato di vigilanza durante le ore notturne registrato nelle donne potrebbe essere  – suggeriscono Diane B. Boivin e colleghi – la base fisiologica per un fenomeno osservato da tempo a partire da istanze di medicina del lavoro: il più difficile adattamento delle donne ai turni di notte.

L’interessante rilievo di queste differenze fra uomini e donne suggerisce una prosecuzione degli studi in campioni numerosi, auspicabilmente costituiti da centinaia di volontari, mediante il confronto per fasce di età e fra uomini e donne affetti dagli stessi tipi di disturbi del sonno.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-17 settembre 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

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[1] Drake C. L., et al.  Sleep Medicine  9, 297-302, 2008.

[2] Dauvilliers Y., et al. Sleep Medicine Reviews 9, 91-100, 2005.

[3] Montagna P., Gambetti P, Cortelli P. & Lugaresi E. Familial and sporadic fatal insomnia. Lancet Neurology 2, 167-176, 2003. Si tratta del celebre lavoro di Elio Lugaresi e collaboratori, nel quale si fa riferimento ai rapporti della malattia con il sesso dei pazienti, ma la relazione con le differenze fisiologiche nel sonno fra i due sessi richiede ancora di essere approfondita.

[4] Il termine impiegato, nap, che vuol dire letteralmente pisolino, sonnellino pomeridiano, nel gergo tecnico ha assunto il valore convenzionale di un breve periodo di sonno sperimentalmente favorito o indotto specialmente nelle ore diurne.